La transizione energetica è nelle mani degli agricoltori

Bollette pazze, servono misure più incisive

Guglielmo Garagnani e Massimiliano Giansanti
Meno veti e più programmazione per andare avanti con biometano, agrivoltaico e carbon farming. Il comparto primario è stretto tra costi energetici alle stelle e svolta green. Confagricoltura Bologna chiama a raccolta un pool di esperti per superare l’impasse

Prezzi energetici alle stelle.

I venti di guerra ai confini dell’Unione europea provocano la chiusura dei rubinetti del gas e rimettono in discussione le scelte green della politica di Bruxelles.

Il settore primario è tra l’incudine e il martello: subisce il repentino aumento dei costi ed è chiamato dal Pnrr a trovare un’alternativa sostenibile producendo energia rinnovabile (ma nel recete passato progetti simili, come ad esempio l’esperienza dei “conti energia”, sono miseramente falliti).

Confagricoltura Bologna vuole superare l’impasse e ha chiamato a raccolta un pool di esperti per il convegno “Agricoltura e fabbisogni energetici” a Fico– Eataly World.

Anteprima di Terra e Vita 4/2022

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«Raggiungere gli obiettivi - afferma Guglielmo Garagnani, presidente di Confagricoltura Bologna- del Green Deal con gli attuali costi energetici è un percorso complicato».

«Se vogliamo aumentare la quota di approvvigionamento energetico dobbiamo essere lucidi sull’apporto delle rinnovabili e sul ruolo che continueranno ad avere le altre fonti».

La transizione ecologica è uno dei pilastri del Next Generation Eu. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha già affidato, nero su bianco, al settore primario il compito di realizzare questa rivoluzione verde attraverso l’agricoltura sostenibile, l’economia circolare e la transizione energetica. Ci sono alternative?

Nucleare nel futuro remoto

Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, si è rilevato un fan insospettabile dell’energia nucleare, ma Alfredo Portone, vice direttore dell’Unità di Ingegneria del Dip. Iter, Fusion for Energy, in collegamento da Barcellona al convegno di Bologna, ricorda che le transizioni energetiche sono lente («ci abbiamo messo decenni per passare dal carbone al petrolio e poi al gas»).

Il tokamak sperimentale JT-60SA visto dall’alto con la serie di 18 bobine di campo toroidale del superconduttore. Il tokamak è stato realizzato a Naka, in Giappone, nell’ambito di una collaborazione tra Europa e il Paese orientale

Il mondo spinge per il nucleare, attualmente sono 56 gli impianti in costruzione al mondo. L’Europa è in vantaggio su questa tecnologia e Portone dà il suo personale contributo per realizzare la sfida tecnologica del passaggio dalla fissione alla fusione nucleare, con l’impianto Iter in costruzione a Cadarache, vicino a Aix en Provence in Francia (non molto lontano dai confini con l’Italia) che sarà capace di produrre («in maniera sicura») fino a 500 MW termici al giorno, trenta volte quello che oggi è possibile nell’impianto più evoluto (il Jet di Oxford).

«L’impianto non sarà completato però prima della metà degli anni 2040 e ci vorrà ancora del tempo perchè sia pienamente operativo». La nostra agricoltura ha quindi a disposizione almeno una trentina di anni per fare crescere la carta delle energie rinnovabili, magari ricavandoci reddito.

L’Unione europea ha fretta. Il programma “Fit for 55” punta a ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030 per realizzare l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Iea, l’agenzia internazionale per l’energia che opera a Parigi,  inserita nella cornice dell’Ocse, ha lanciato il programma Net Zero by 2050 forzando la mano su una transizione che prevede di quadruplicare l’energia rinnovabile prodotta da eolico e solare entro 4 anni (ma anche di raddoppiare quella ottenuta dal nucleare).

Troppo legati al gas russo

Chicco Testa

«La transizione energetica – osserva Chicco Testa, presidente di Assoambiente - non è un percorso semplice. Oggi consumiamo 100 milioni di barili di petrolio al giorno (ogni barile contiene 160 litri e il prezzo è di nuovo salito a 90 $)».

«Pensare di sostituire in quattro e quattr’otto le fonti fossili mentre i prezzi dell’energia si impennano è solo un’illusione. In Germania il nuovo Governo punta a raggiungere l’obiettivo dell’80% di fabbisogno energetico da fonti rinnovabili entro il 2030, intanto ha dovuto chiudere North Stream e “viaggia” a carbone».

«La politica deve dimostrare più impegno su questo fronte – proclama  Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia -, stiamo affrontando una crisi energetica simile a quella degli anni ‘70 in uno scenario geopolitico davvero complesso».

Davide Tabarelli

«Gli sforzi sul piano ambientale non devono mettere in secondo piano il tema della competitività. Il sistema-Paese deve dare maggiore impulso alla produzione nazionale di gas e investire maggiormente nelle rinnovabili: oggi dipendiamo eccessivamente dalle fonti energetiche provenienti dall’esterno».

I tre nodi da sciogliere

«Sono tre – spiega Arturo Semerari, Ad di Agriconsulting- i settori che interessano il comparto primario: biogas e biomasse, solare e crediti di carbonio».

Per biogas e biometano il Pnrr stanzia 1,9 miliardi. «In questo settore Confagricoltura è tra i maggiori player - riconosce Semerari - La sfida è passare al  biometano e mettere in rete i numerosi impianti che non lo sono».

Arturo Semerari

Poi c’è la produzione di energia dal sole che coinvolge l’agricoltura attraverso agrisolare, agrivoltaico e, forse, fotovoltaico a terra.  Nel primo caso si tratta di ridurre i consumi energetici del settore riqualificando le strutture produttive e utilizzando i tetti degli edifici delle pertinenze agricole per installare milioni di pannelli, ma la potenza attesa in questo ambito sarà di soli 375mila kW nel 2026.

Il Pnrr investe 1,5 mld per questo contributo.

L’ agrivoltaico vuole invece realizzare lo sforzo di combinare produzione agricola e solare, installando moduli fotovoltaici ad una certa altezza sopra le colture. «Si parla di pali - ironizza Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura nazionale - alti fino a 5 metri: un investimento insostenibile perchè rischieremmo il furto del palo, invece che quello del pannello, visto il costo».

Esempio di impianto agrivoltaico

Fotovoltaico con i piedi per terra

Una terza soluzione molto più pragmatica, ovvero quella del fotovoltaico a terra, magari in aree agricole marginali, non è oggi realizzabile, se non in aree dismesse come cave abbandonate, anche per l’avversità delle Regioni a concederne l’autorizzazione a causa dell’impatto sul paesaggio.

«In queste condizioni - stigmatizza Giansanti - diventa difficile realizzare gli obiettivi nazionali». Il Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) prevede infatti che entro il 2030 siano istallati circa 50 GW di nuovi impianti fotovoltaici, con una media di circa 6 GW all’anno. Secondo una stima di Confagricoltura basterebbe lo 0,6% dei terreni agricoli italiani per raggiungere l’obiettivo, ma per ora questa strada è sbarrata da troppi vincoli.

La chance carbon credit

Il terzo tema è quello dei crediti di carbonio.  In alcuni Paesi extra-Ue assicurano un contributo importante al reddito agricolo, in Europa per ora sono previsti solo per la forestazione ma qualcosa si sta muovendo (arriveranno entro il 2022?).

Stefano Borghi

Stefano Borghi di Carbon Credit Consulting, realtà bolognese che gestisce progetti di riforestazione in Sud America descrive le opportunità di un mercato mondiale in cui le aziende che producono energia non rinnovabile comprano crediti di carbonio certificati dagli agricoltori.

«L’obiettivo - conclude Giansanti - della mitigazione del climate change, a cui gli imprenditori agricoli si dedicano con impegno, va affrontato con una seria capacità di programmazione». «Viviamo un periodo di difficoltà, il nostro scopo primario è produrre cibo e la transizione ecologica non assicura direttamente la tenuta del potenziale produttivo agricolo, come dimostrano diversi studi (clicca per approfondire)».

«Per puntare con forza sulle rinnovabili serve un piano che riguardi non meno di 60mila ettari e al tempo stesso occorre procedere con convinzione sulle innovazioni, salvaguardando rese, qualità e occupazione».

Anteprima di Terra e Vita 4/2022

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Bollette pazze, servono misure più incisive

Giansanti insieme a Garagnani

Il repentino aumento dei costi energetici sta impattando duramente sul comparto agricolo. «È una tempesta perfetta  - commenta Guglielmo Garagnani di Confagricoltura Bologna- che incide sull’acquisto di concimi e mezzi tecnici, carburanti, gas ed elettricità».

«La sfida principale diventa così quella di gestire gli aumenti senza far schizzare verso l’alto i prezzi agricoli. Tutto in un momento in cui la Ue aspira a raggiungere gli ambiziosi obiettivi della strategia Farm To Fork attraverso stretti vincoli ambientali e sociali che non ci facilitano il compito».

L’agricoltura può dare un apporto fondamentale nella diversificazione delle fonti energetiche. «Non possiamo risolvere in poco tempo il problema della mancanza di energia a basso costo, non si tratta di trasformare il comparto in un settore agroenergetico, ma gli agricoltori vogliono vincere la sfida con il loro approccio pragmatico, se avranno la possibilità di utilizzare al meglio le risorse del Pnrr».

«Come Confagricoltura - chiosa Massimiliano Giansanti - abbiamo puntato da sempre sul comparto delle rinnovabili, quando ancora il prezzo dell’energia non era fuori controllo». «Oggi il problema dell’agricoltura è far fronte ai rincari dell’energia elettrica e del gas. Le misure annunciate dal Governo sono importanti, ma hanno carenze soprattutto per le imprese agricole caratterizzate da elevati consumi».

«Una domanda energetica a cui occorre dare risposta, superando vecchi preconcetti».

Un momento dell'evento
La transizione energetica è nelle mani degli agricoltori - Ultima modifica: 2022-02-01T11:15:36+01:00 da Lorenzo Tosi

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