Domanda
Azienda agricola con fabbricati rurali e terreni (circa 70 ettari) indivisa ed ereditata dal papà deceduto nel 2008 e dallo zio deceduto nel 2010 celibe e che ha svolto insieme al fratello attività di coltivatore diretto sullo stesso fondo.
Dei tre figli uno rimane sul fondo in qualità di coltivatore diretto, altri due risiedono altrove ed esercitano professioni diverse.
Al momento dell’eredità si verifica che il figlio coltivatore, avvalendosi dei benefici della legge a favore del figlio conduttore, eredita la quasi totalità dello stesso (avendo per tempo ottenuto approvazione da padre e zio) facendosi intestare non solo la parte del padre, ma anche quella dello zio, il quale risulta avergli lasciato in eredità la propria parte.
Ora il grave problema da risolvere: avendo firmato dal notaio l’eredità, convinti in fiducia che il fratello coltivatore compensasse anche solo in piccola parte il grande vantaggio del fondo per intero acquisito, si giunge ad una bozza di contratto nella quale si corrisponde ai fratelli una quota mensile (calcolata secondo tabelle apposite) per la piccola parte del loro terreno agricolo, comunque inglobato nell’azienda, e per il loro terzo di casa padronale lasciata indivisa, ma occupata per intero dal fratello coltivatore.
Si scopre però che il contratto risulta un “cappio al collo” perchè, a fronte di una piccola quota mensile, il fratello coltivatore si riserva il diritto di richiedere agli altri il corrispettivo per le spese che decidesse di effettuare per manutenzione o migliorie.
Tale diritto metterebbe in tale difficoltà i fratelli o, a distanza di anni, i nipoti da indurli a cedere definitivamente il poco rimasto.
Non risultano margini di trattativa.
Prospettata allora al fratello coltivatore la vendita della propria quota con diritto di prelazione lo stesso risponde picche per mancanza di fondi.
Ora considerando che allo stato delle cose la vendita ci sembra l’unica via di uscita in considerazione dell’aggravio fiscale caduto sulle nostre finanze, pensiamo di richiedere una perizia per definire la parte spettante sia del terreno che del fabbricato,oppure del solo fabbricato.
Però non sappiamo quantizzare la spesa nè prevedere la possibilità di vendita in base alle offerte di mercato.
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<p style="text-align: justify;">Azienda agricola con fabbricati rurali e terreni (circa 70 ettari) indivisa ed ereditata dal papà deceduto nel 2008 e dallo zio deceduto nel 2010 celibe e che ha svolto insieme al fratello attività di coltivatore diretto sullo stesso fondo. <br />Dei tre figli uno rimane sul fondo in qualità di coltivatore diretto, altri due risiedono altrove ed esercitano professioni diverse. <br />Al momento dell’eredità si verifica che il figlio coltivatore, avvalendosi dei benefici della legge a favore del figlio conduttore, eredita la quasi totalità dello stesso (avendo per tempo ottenuto approvazione da padre e zio) facendosi intestare non solo la parte del padre, ma anche quella dello zio, il quale risulta avergli lasciato in eredità la propria parte. <br />Ora il grave problema da risolvere: avendo firmato dal notaio l’eredità, convinti in fiducia che il fratello coltivatore compensasse anche solo in piccola parte il grande vantaggio del fondo per intero acquisito, si giunge ad una bozza di contratto nella quale si corrisponde ai fratelli una quota mensile (calcolata secondo tabelle apposite) per la piccola parte del loro terreno agricolo, comunque inglobato nell’azienda, e per il loro terzo di casa padronale lasciata indivisa, ma occupata per intero dal fratello coltivatore. <br />Si scopre però che il contratto risulta un “cappio al collo” perchè, a fronte di una piccola quota mensile, il fratello coltivatore si riserva il diritto di richiedere agli altri il corrispettivo per le spese che decidesse di effettuare per manutenzione o migliorie. <br />Tale diritto metterebbe in tale difficoltà i fratelli o, a distanza di anni, i nipoti da indurli a cedere definitivamente il poco rimasto. <br />Non risultano margini di trattativa. <br />Prospettata allora al fratello coltivatore la vendita della propria quota con diritto di prelazione lo stesso risponde picche per mancanza di fondi. <br />Ora considerando che allo stato delle cose la vendita ci sembra l’unica via di uscita in considerazione dell’aggravio fiscale caduto sulle nostre finanze, pensiamo di richiedere una perizia per definire la parte spettante sia del terreno che del fabbricato,oppure del solo fabbricato. <br />Però non sappiamo quantizzare la spesa nè prevedere la possibilità di vendita in base alle offerte di mercato.</p>